Piantare alberi, cespugli o anche solamente un prato sulla copertura o addirittura sulle terrazze a sbalzo di un edificio, sembrerebbe un’azione di grande valenza ecologica. Di fatto se la vediamo e la affrontiamo a livello superficiale, come ormai succede anche in ambito professionale ad architetti considerati importanti, il valore ecologico esiste in quanto a livello essenzialmente locale viene abbattuta l’anidride carbonica e generato ossigeno, trattenuta l’acqua ed abbattuta la temperatura di qualche decimale di grado,
Andiamo a vedere a livello più profondo cosa significa piantare un albero, un cespuglio o anche solamente un prato sulla copertura o addirittura sulle terrazze a sbalzo di un edificio, il quale, come vedremo in seguito, non può essere nemmeno definito architettura. A tal fine dobbiamo affrontare il tema facendo riferimento ad aspetti un po’ più tecnici connessi col fare architettura. Come direbbe Umberto Galimberti: l’anima è un fatto tecnico.
DELLA STRUTTURA
Facciamo un esempio pratico. In ambienti residenziali il sovraccarico previsto per le strutture orizzontali è di 250 kg/mq (200 kg/mq per la praticabilità più 50 kg/mq per neve).
Nel caso di decida di porre in opera un albero, o qualsiasi altro tipo di vegetazione, a questi 250 kg/mq, devono essere aggiunti 1750 kg/mq per il terreno ed altri 1000 kg/mq per l’acqua, per un totale di 3000 kg/mq di sovraccarico sulla struttura. Ben 12 volte il sovraccarico di un tetto normale o di una semplice terrazza.
Naturalmente nella statica di un edificio non influiscono solamente i sovraccarichi ma un equilibrio più generale che prende in considerazione anche le azioni orizzontali generate dai terremoti o dal vento, il peso proprio, la geometria, i fattori costruttivi per i quali è impossibile armare con ferro un elemento strutturale lineare in calcestruzzo di dimensioni inferiori a cm 15×15, oltre a tutti i coefficienti di sicurezza che devono essere apportati nel calcolo per eludere fattori di rischio che potrebbero sopraggiungere nella costruzione e nel tempo. Tuttavia anche per tutti questi fattori i sovraccarichi indotti dai tetti o le terrazze verdi comportano un aggravio per l’effetto delle azioni esterne. Infatti in riferimento alle azioni sismiche il maggior carico in oscillazione comporta un aggravio esponenziale dell’effetto di accelerazione dinamica a cui deve resistere la struttura; in riferimento all’azione del vento le fronde degli alberi offrono una maggiore superficie resistente che pertanto ne amplifica gli effetti, visto che gli alberi su questi edifici vengono ancorati sia con l’apparato radicale mediante gabbie metalliche, sia con il fusto mediante tiranti di acciaio. Naturalmente il maggior carico e le maggiori azioni sull’edificio comportano la realizzazione di strutture con dimensioni più grandi, che a loro volta costituiscono un aumento del peso proprio e dei carichi permanenti aumentando ulteriormente gli effetti delle azioni sulla struttura stessa.
Rimanendo in ambito estremamente divulgativo, estremizzando i concetti, prendiamo come esempio un edificio di quattro piani che, in condizioni normali, potrebbe essere sostenuto da una maglia m 5×5 di pilastri in calcestruzzo di cemento armato di dimensioni cm 30×30, con solai latero-cementizi di cm 25 di spessore, costituiti da travi a spessore larghe cm 60, da travetti in c.a. di cm 10 con interasse di cm 60 e soletta armata di cm 5. Nel caso si scelga di dotare l’edificio di alberi, cespugli ed erba sulla copertura e sulle terrazze a sbalzo, la stessa struttura in calcestruzzo di cemento armato dovrebbe essere implementata ipotizzando verosimilmente dei pilastri di dimensioni cm 60×60, con solai latero-cementizi di cm 40 di spessore, costituiti da travi a spessore larghe cm 120, da travetti in c.a. di cm 15 ad un interasse di cm 40 e soletta armata di cm 15. Allo stesso modo dovranno essere ampliate le fondazioni per trasferire sul terreno un carico maggiore almeno di 4 volte.
Da questa analisi sommaria è facilmente comprensibile come piantare alberi, cespugli o anche solamente un prato sulla copertura o addirittura sulle terrazze a sbalzo di un edificio di quattro piani, con struttura intelaiata di cemento armato, comporta la necessita di una quantità almeno quattro volte superiore di calcestruzzo. Cioè quattro volte la quantità di cemento, quattro volte la quantità di inerti, quattro volte la quantità di acqua. Lasciamo perdere il problema dell’acqua visto che ne verrà consumata una quantità inimmaginabile per mantenere rigogliosi ed efficienti gli alberi, i cespugli e l’erba; quella piovana viene trattenuta direttamente dalle superfici verdi e non potrà mai riempire i depositi come succede nel caso di tetti tradizionali. Poiché il cemento e gli inerti provengono dal calcare che viene “cavato” dalle colline e dalle montagne ricche di alberi, cespugli ed erba, per piantare un alberello sulla copertura o sulle terrazze a sbalzo di un edificio abbiamo dovuto sacrificare quattro alberi, forse centenari, contribuendo a ridurre la superficie forestata del pianeta, perché una cava dismessa potrà anche essere rinaturalizzata ma non potrà accogliere vegetazione d’alto fusto, almeno per qualche secolo.
DELL’ALBERO
Per valutare meglio la sussistenza ecologica di questa operazione poniamoci adesso dal punto di vista di quell’alberello piantato a 100 metri dal suolo su una terrazza, probabilmente per vendere ad un prezzo esclusivo l’appartamento a cui fa un po’ d’ombra e, non meno importante, per conferire la patente ecologista ad un proprietario che molto probabilmente si è arricchito con il petrolio. A tal fine all’alberello hanno amputato l’apparato radicale e cicatrizzato con delle resine naturali, per evitare che le sue radici andassero a cercare la terra, quella vera, anche rompendo il cemento armato. Lo hanno ancorato al fondo di questa “fioriera” in cemento con una gabbia di ferro, per evitare che il vento potesse sradicarlo dal “terriccio” e facesse volare a terra da un’altezza che porterebbe effetti catastrofici su persone e cose. Come se non bastasse, sempre al fine della sicurezza, il fusto viene ancorato alla struttura della facciata con cavi d’acciaio per evitare l’effetto pendolo ed eliminare l’oscillazione che potrebbe comunque spezzarlo e farlo cadere a terra sotto l’effetto del forte vento che soffia a quell’altezza. Gli rimane la frustrazione di vivere due destini contrapposti con il timore di perdere comunque qualche ramo che da quell’altezza potrebbe lo stesso creare gravi danni a persone e a cose o, in alternativa, con il timore di divenire un bonsai, “curato” da uomini, pseudo giardinieri, appesi a cavi di sicurezza mossi da argani e paranchi, speriamo almeno alimentati da energia rinnovabile.
DELL’ARCHITETTURA
Pensare che solo nel secolo scorso Frank Lloyd Wright, fondatore dell’architettura organica, antesignano degli architetti ecologisti, asseriva a buon ragione: “The doctor can bury his mistakes, but the architect can only advise his client to plant vines” ovvero “Il medico può seppellire i suoi errori, ma l’architetto può soltanto consigliare il suo cliente di piantare delle viti” che nell’interpretazione dello scrittore statunitense Arthur Bloch diventano più genericamente “alberi” cioè “trees”.
Sono passati ormai 21 secoli da quando Kallimachos costruì a Corinto il primo tempio scolpendo capitelli avvolti con foglie di acanto, impressionato dalla leggiadria e dall’armonia che esprimeva l’esperienza vissuta del rapporto fra la natura e la cultura. Aveva visto la tomba di una giovane corinzia con sopra un vaso, contenente alcuni dei suoi effetti, coperto da una tegola quadrata, avvolto dalle foglie di acanto che nel frattempo erano cresciute a partire da una radice interrata. Aneddoto raccontato da Marco Vitruvio Pollione in De Architectura, libro IV, paragrafi 9-10.
L’architettura non può essere considerata un errore aprioristico la cui soluzione possa essere ottenuta omologando a livello globale l’esigenza di piantare alberi, con un processo di presunta naturalizzazione delle città contemporanee. L’architettura è parte integrante della natura umana, almeno per quanto riguarda la specie Homo Sapiens; quindi, per la proprietà transitiva è parte integrante della natura. Infatti essa assume aspetti specifici, nelle forme e nei materiali. differenziandosi in funzione dei luoghi e degli ambiti culturali differenti. Proprio in ragione del suo Archè (in cui si radica l’etimologia della parola Architetto, dal greco Archè-Tek-ton)), che comunque implica l’esigenza tecnica e culturale di una contestualizzazione con il luogo, del quale materializza la nozione di tempo, l’architettura diviene sostenibile per la necessita di utilizzare risorse che possono comunque essere rinnovate o riutilizzate, anche rigenerandole.
Alcuni architetti, invece di gestire e trasmettere il “sapere specifico dell’architettura” scelgono di muoversi nel “sapere omologante della comunicazione”, essi stessi devono rimediare ai propri errori piantando alberi.
#boscoverticale #piantarealberi #architetturadelpaesaggio #FrankLloydWright #architetturaorganica
interesante, grazie!
Daria, sarà interessante ritrovarti qui, il tuo parere ci interessa molto!
Sono d’accordo a piantare alberi nei viali e nei parchi cittadini per ridurre l’impatto ambientale ma non a “ficcarli” nel cemento e nel legno degli edifici !
Combattiamo le idiozie !!!
Lavoriamo insieme perché ridare il ruolo antropologico corretto all’architettura è fare una reale ecologia!
Стефано, здравствуйте! Спасибо за интересный взгляд на проблему, о которой я раньше не задумывалась. Мне кажется очень удачным жилой комплекс в Милане Bosco Verticalecj всех точек зрения, ка удачное архитектурное произведение. Конечно, эксплуатация его очень дорогая и требует огромных трудозатрат. Наверное, успех этого комплекса поразил моду на использование деревьев на крышах и террасах зданий, но я не знаю других удачных проектов на эту тему. Хотелось бы узнать Ваше мнение по поводу Bosco Verticale
Come avrai capito leggendo l’articolo, l’edificio incarna tutti gli aspetti negativi in esso riscontrati. La mia opinione è molto negativa.