Skip to main content

ARCHITETTURA

UOMINI sopravvivono
Uomini si riproducono
Uomini hanno paura
Non per istinto ma per pulsione
Il tempo degli Uomini un cerchio
Kronos li profana dentro un ambiente naturale
Il tempo della Divinità un cerchio
Aion li sacralizza dentro una cosmogonia ideale
L’evento spezza il cerchio degli Uomini
Si erigono pietre di consapevolezza
Sostengono e misurano la spirale del tempo
Verso il cerchio della Divinità
Uomini vivono il tempo
Uomini fanno la storia
Uomini hanno coscienza
Non per fato ma per ARCHITETTURA

ARCHITETTURA

LE MUSE
Le Muse non sono solo le ispiratrici dell’Opera degli Uomini, ma piuttosto sono coloro che attraverso l’Opera avvicinano gli Uomini agli Dei.
ARCHITETTURA è l’origine
Ove è costruita la casa delle Muse
Sono a discendere dal monte Elicona
Fanno ascendere all’apogeo dell’Olimpo
Sono tre esistono in nove
Ninfe dei monti celesti
Dee degli Uomini
Sono uno esistono in miliardi
Succede di incontrarle
Il cerchio del tempo degli Uomini
Sopra una spirale comunicante
Il cerchio del tempo degli Dei
Sezione Aurea
Ambito racchiuso dalle mura dell’armonia
Emergenza elevata dalla spirale del tempo
La casa delle MUSE

LE MUSE

IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE
Il problema della definizione dell’architettura, sia per quel che concerne gli aspetti teorici intrinseci, sia per quel che concerne la sua collocazione disciplinare, si presenta come prioritario e prevalente nell’ambito del dibattito culturale contemporaneo, questo perché in ambito teorico e critico è ormai venuto meno il contatto reale con questa essenziale manifestazione della cultura umana. In tal senso si può interpretare questa necessità di aggrapparsi alle “parole”, che spesso sono dedotte da discipline che trovano più ampio consenso nel processo di sviluppo della cultura contemporanea, usate essenzialmente al fine di supportare la manifestazione del pensiero rappresentativo di ciascun teorico dell’architettura che ogni volta assurge a diventare “demiurgo” di un nuovo modo di vedere questa attività antropica indispensabile, antichissima ed immodificabile nella sostanza.
In realtà la risposta al disorientamento ed all’alienazione dell’architettura contemporanea può essere trovata solo all’interno dell’architettura stessa, del suo corpus disciplinare, in quanto essa è definita da una necessità antropologica arcaica ed essenziale, che si colloca all’arché della sua manifestazione, come strumento di rappresentazione ed emulazione della cosmogonia che è fondamento delle culture storiche e della civiltà in senso lato, ovvero , più semplicemente, come impronta delle questioni esistenziali umane.
L’architettura è “L’Architettura”, la sua definizione sta nella sua stessa etimologia, la cui radice è riconducibile alle radici della civiltà, all’origine della costruzione”.
L’architettura è la prima manifestazione culturale esistenziale di una società primitiva e di una società storica, in quanto attraverso di essa viene espressa l’aspirazione di rappresentare la rispettiva cosmogonia di riferimento: la propria idea di mondo. Anzi, l’architettura stessa, con la sua presenza fisica e con la sua pretesa di persistenza, a sua volta costituisce riferimento per la formazione di una cosmogonia.

IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE

L'EVENTO
L’Architettura è quel palo, è quella stele, è quel cippo, è quel mucchio di pietre, è quel santuario posto in essere per celebrare una manifestazione della natura non conoscibile favorevole o per scongiurarne una negativa.
Evento che si manifesta in un ambito dove l’esistenza si lascia trascinare dal fluire ciclico e sempre uguale del giorno e della notte, delle lune, delle stagioni; dal sopraggiungere del sonno, della fame e del sesso da soddisfare. Un’esistenza immersa nel divenire fluido, assorbita dal soddisfacimento delle necessità per la sussistenza e la sopravvivenza dell’individuo e del gruppo famigliare.
L’Evento ferma il divenire. La posizione del sole, della luna, dei pianeti, sono le cose che appaiono immediate, ancora prima di provare la sensazione di caldo o freddo.
Il luogo viene santificato con una forma costruita, la quale non ha nulla a che vedere con la capanna o con la grotta dove si svolge il divenire e dove progredisce l’esistenza per la sussistenza materiale.
Quella forma sta lì a rappresentare un evento inspiegabile; attorno ad essa si raccolgono uomini che cercano una spiegazione a quell’evento; attorno ad essa si costituisce la società.
Si comincia a contare i giorni che trascorrono finché non si materializza lo stesso cielo nel quale si è formato l’evento, per tornare a raccogliersi attorno allo stesso luogo, a sacralizzare la propria esistenza, dove ci si aspetta di trovare la stessa forma costruita. Si comincia a contare i cieli e le stagioni, gli anni, che separano da quell’evento, la cui sacralità è manifestata dalla persistenza stessa della struttura costruita nel tempo.
Si affina la propria cosmogonia, si migliora in modo da migliorare la propria esistenza, si pensa alla sopravvivenza della società nel tempo. Questa è l’architettura, a questo serve l’architettura.
Si spezza il cerchio del divenire sempre uguale a se stesso e si crea uno stato in cui si può definire il prima e il dopo, in cui il dopo deve essere migliore del prima, si sviluppa un’idea di progresso.

L'EVENTO

LA FORMA SENSIBILE
L’Architettura è la forma sensibile e persistente dell’Evento, del sacro. Il linguaggio che ne deriva si pone in diretto rapporto con la comunicazione nel tempo ed in questo senso viene a caratterizzare il luogo specifico.
A questo livello c’è un passaggio da fenomeno rituale a fenomeno culturale più ampio, autonomo ed autosufficiente. I presupposti su cui si materializza il fenomeno architettura sono originatori di altri fenomeni culturali di comunicazione e di riflessione che si sviluppano successivamente nella coscienza collettiva dell’uomo: la filosofia, la letteratura, l’arte, la logica, che poi diventano anche parte integrante del fenomeno architettonico, pur essendo di formazione successiva e consequenziale ad esso.
Quindi l’Architettura non è una branca del sapere, è una forma di sapere che va oltre il fatto tecnico necessario a costruire, che si estrinseca in una forma visibile e comunicabile direttamente sensibile all’individuo, ma che deriva da ragioni esistenziali che vanno oltre la sensibilità diretta della realtà. Ragioni esistenziali che appartengono organicamente alla cultura storica che produce, sviluppa e sedimenta questa particolare forma sensibile, in modo tale da costituire un luogo specifico, rispetto al quale l’architetto da un contributo ma non può prescindere.
Indipendentemente dalla forma sensibile che viene ad avere quella specifica architettura è difficile che questa possa avere pretesa di persistenza o essere comunque anche solo temporaneamente accettata senza che nella sua forma vengano prese in considerazione quelle ragioni esistenziali della specifica cultura che il luogo in cui va ad inserirsi ha prodotto.

LA FORMA SENSIBILE

L’ARCHETIPO DEL PROGETTO
Il problema dell’architettura contemporanea, o meglio dell’architettura possibile nel nostro tempo, consiste in primo luogo nel fatto che non si può più riconoscere una omogeneità e specificità culturale contemporanea, identificabile in forma chiara e sicura per la cultura specifica.
In realtà questo è proprio il carattere specifico della nostra civiltà contemporanea globale: la consapevolezza di non poter esprimere un sistema culturale improntato su una metafisica basata su una ontologia forte ed organica alla società.
Tale consapevolezza ci deve rivolgere verso non al perseguimento di una metafisica nuova, ma a sapersi muovere fra tante e diverse metafisiche riferibili ai relativi ambiti di espressione culturale storicizzati, basandosi su un atteggiamento improntato ad una ontologia debole.
In particolare ciò si può perseguire progettando una realtà persistente che può essere espressione del divenire che ha sedimentato il luogo specifico in cui si va ad intervenire.
La realtà effimera in ferro e vetro che viene troppo spesso spacciata per architettura in effetti è priva di tutti quegli elementi che derivano da ragioni esistenziali i quali pur non essendo essenziali alla definizione linguistica dell’architettura ne costituiscono parte integrante e ne definiscono la dimensione antropologica che ne consente la persistenza nel tempo.

L’ARCHETIPO DEL PROGETTO

IL RUOLO DELL’ARCHITETTO
In questo contesto globale, sviluppato da una cultura occidentale ontologicamente debole e profondamente disorientata diviene fondamentale il ruolo dell’architetto per ricomporre il giusto rapporto antropologico nell’ambito delle differenti realtà territoriali e culturali.
L’obiettivo fondamentale del lavoro dell’architetto diviene quello di ricucire il rapporto di continuità tipologica, morfologica e culturale nell’ambito dei luoghi specifici: operare con gli stessi criteri antropologici con cui avrebbe operato un uomo radicato alla cultura del luogo specifico, con le tecniche, con i valori e con le conoscenze contemporanee. Dando corpo in tal modo a tutte quelle possibili architetture che per varie ragioni non sono mai diventate “mondo” ma che appartengono all’identità, alla cultura ed alle aspirazioni degli uomini che hanno contribuito a definire le caratteristiche identitarie, la portata culturale e la specificità del luogo in cui inserirsi.
In questo senso vanno ritrovati, anche in modo scientifico, quegli elementi e quei criteri che tradizionalmente venivano attribuiti ai processi di ispirazione, creazione e divinazione, ma che in realtà sono attribuibili ad un portato culturale profondo ma ben definibile.
Si possono finalmente incontrare e materializzare quelle divinità che prendevano per mano i processi creativi: Le Muse.

IL RUOLO DELL’ARCHITETTO

STEFANO MARTINELLI

Architetto, opera con una metodologia rigorosa e collaudata sviluppata dalla fine degli anni ‘80, definita Arché-Logica, che investe le modalità antropologiche di appropriazione ed appartenenza al luogo, le quali garantiscono al progetto la sostenibilità culturale oltre alla sostenibilità ambientale. In quest’ambito di ricerca è teorizzato anche il principio di inattualità dell’architettura.
Si laurea nel 1988 alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, dove ha svolto anche attività di ricerca e docenza dal 1991 al 2001, ed è stato responsabile di due seminari internazionali di studio sulla città di Noto (SR) nel 1999 e nel 2000, patrocinati dalle autorità locali e dall’Università degli Studi di Firenze.