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Quando nell’articolo precedente abbiamo parlato di “Vishap: all’origine dell’architettura” abbiamo affrontato un tema riferendosi ai caratteri antropologici strutturali dell’architettura, validi a livello universale ancorché manifestati in una precisa area geografica, nell’altopiano compreso fra il Monte Aragats e il Monte Ararat. Adesso affrontiamo la forma percepibile dell’evento che, sacro o profano che sia, è sempre l’architettura, la quale non ha solo una valenza formale ma si basa su presupposti profondi, spirituali e materiali, definiti all’interno dello spazio esistenziale della specifica cultura.
Quindi in questo breve scritto valuteremo come i caratteri antropologici strutturali dell’architettura connessi con la manifestazione di un “evento” che connette la terra e il cielo e che a livello arcaico si manifesta con il Vishap hanno riflesso diretto sui caratteri percettivi specifici dell’architettura che nella storia ha caratterizzato quell’area culturale specifica, individuabile come Armenia, ma che non coincide necessariamente con l’attuale Repubblica di Armenia. Naturalmente non si pretende in questa sede di sviluppare un tema critico esaustivo e complessivo di tutti gli aspetti, che hanno così bene affrontato eminenti studiosi, cito solamente Paolo Cuneo, ma ci si riferirà a singole architetture paradigmatiche che hanno comunque una certa rilevanza per l’area culturale in oggetto.
L’architettura armena, in gran parte, si caratterizza a livello di struttura antropologica ma anche a livello percettivo dalla capacità di individuare un ambito, un’area d’influenza della forma percepita come riflesso della propria centralità, anche senza avere quella preponderanza e presenza spaziale specifica dell’architettura monumentale. Naturalmente l’ambito non è individuabile per mezzo di confini oggettivi e materiali ma si estende a seconda delle differenti sensibilità dei fruitori del luogo.
Così come una caratteristica è riconoscibile nell’individuazione di una direzionalità molto presente ma anche molto articolata che alla fine riconduce sempre al centro del corpo architettonico dell’edificio. La direzionalità principale non è mai quella che si può sviluppare sul piano di fruizione orizzontale ma prevale sempre quella verticale verso il sacro che tuttavia nasce e si radica nella terra per proiettarsi all’esterno verso il cielo, in conformazione con i principi arcaici dei Vishap.
In conseguenza alla manifestazione percettiva dei precedenti caratteri strutturali del dominio e delle direzioni, contenuti in gran parte dell’architettura armena, gli aspetti connessi con l’individuazione dell’emergente architettonico assumono un notevole rilievo, essendo essi stessi valorizzati dai precedenti e fungendo da carattere principale di riferimento per l’orientazione nella fruizione del luogo. Siamo in uno dei casi più particolari che consiste nella possibilità di appropriarsi del luogo prodotto dalla specifica architettura ed allo stesso tempo, contestualmente, in condizioni di appartenervi anche solo entrando in rapporto percettivo con l’emergente architettonico.

Per verificare i principi antropologici strutturali dell’architettura armena ci sembra utile approfondire il tema della Cattedrale di Echmiadzin, non solo perché in effetti è una delle architetture più importanti e meglio conservate dell’intera area, è un sito UNESCO, ma anche per la continuità con i principi antropologici arcaici che sottendono alla sua fondazione e per il processo di formazione che ha prodotto l’architettura attualmente percepibile.
Intanto la fondazione del luogo sembra essere in continuità con i principi arcaici che, secondo alcune recenti teorie, portavano ad erigere i “Vishap”. L’Evento, probabilmente di origine fisica trasposto in metafisica, che produce una divinazione da cui prende il nome anche il luogo “Echmiadzin”, è quello in cui San Gregorio ha una visione di Cristo che scende dal cielo e colpisce il suolo con un martello d’oro per mostrare il luogo dove doveva essere costruita la Cattedrale.
Questa architettura, non la forma percepibile che vediamo oggi che fa parte di un processo di inattualità, ma la forma percepibile originaria, possiede un altro principio archetipico; infatti, è la prima chiesa cristiana al mondo ad essere costruita, fra il 301 e 303 DC, per volere di un’autorità statale: il Regno di Armenia, strettamente legato all’Impero Romano. Secondo le fonti storiche dell’epoca era un’architettura realizzata a pianta basilicale voltata a botte, creando anche l’archetipo delle prime chiese paleocristiane realizzate qualche decennio dopo, quando il cristianesimo diventa a sua volta religione di stato dell’Impero con l’editto di Costantino del 313 DC, con la differenza che ad occidente avevano prevalentemente coperture lignee, anche per una maggiore dimensione della pianta. Ovviamente se ragioniamo per archetipi, in questo caso ci supporta anche il nome, è scontato ricordare che l’archetipo della basilica paleocristiana è la basilica civica Romana che costituiva il centro di riferimento della vita pubblica dell’Urbe, ma non è scontato riflettere sul fatto che la basilica romana è “scoperta”, una piazza regolare circondata da portici, il luogo centrale della vita pubblica della città, mentre la basilica paleocristiana è “coperta”. Il motivo di questa evoluzione dell’archetipo non dipende da fattori funzionali per ripararsi dagli agenti atmosferici, ma per motivi simbolici, facendo riferimento ai vangeli; “… tu sei Pietro e su questa pietra edificherai la mia Chiesa”. La copertura serve a trasporre l’archetipo di un luogo urbano in archetipo di luogo architettonico. Trasporre la Basilica da piazza a edificio, costruito secondo la volontà di Cristo.
La forma percepibile attuale è riconducibile ad un’architettura molto diversa. Infatti, la chiesa di cui abbiamo parlato fin qui è stata ricostruita completamente con un impianto architettonico a “croce greca” alla fine del V secolo e restaurata nuovamente nel 618 DC, quando, in sostituzione di quella lignea, venne realizzata la cupola in muratura di pietra poggiante su quattro massicci pilastri uniti ai muri esterni per mezzo di arcate. Qui non possiamo esimerci da fare riferimento alla Cattedrale di Avan, che ha un impianto architettonico molto originale derivato direttamente dall’architettura classica romana e, siccome di dimensioni abbastanza modeste è stata costruita con cupola in pietra fra il 591 e il 602 DC: attualmente ridotta a rudere. Altre modifiche rilevanti si hanno nel corso dei secoli. In particolare, fra il 1654 e il 1658 venne ricostruito il campanile nella forma attuale. A partire dal 1720, venne realizzato l’apparato decorativo dell’interno che doveva essere completamente privo di decorazione, come in molte delle chiese armene medievali, anche se scavi e indagini archeologiche recenti hanno individuato presenza di antichi mosaici. L’ultimo restauro significativo si è concluso nel 1837.
L’impianto architettonico si conforma con volte a botte sulle navate che definiscono la croce greca, lobata agli estremi da absidi che all’esterno diventano semi-ottagoni, e volte a crociera sui quattro angoli che individuano l’ambito quadrato di riferimento per l’intero luogo di culto. Ambito che si estende ad oriente, nella parte tergale all’abside dell’altare dove in completa continuità con il resto della struttura architettonica sono realizzati i locali di servizio, anch’essi dotati ad oriente di abside che all’esterno è un semi-ottagono, in completa trasposizione dell’abside del luogo di culto dove è posto l’altare.
L’ingresso principale avviene dall’abside occidentale mediante un “nartece” che caratterizza gran parte della forma percepibile della chiesa, con una struttura che si sviluppa in verticale su tre livelli come un’architettura autonoma, con un progressivo alleggerimento dal primo al terzo livello. Partendo dal primo livello dove il nartece vero e proprio quadrangolare si fonde con la struttura del luogo di culto aprendosi all’esterno con tre pesanti archi, si giunge al secondo livello con una loggia quadrata e si conclude ad un terzo livello raccordandosi con una loggia ottagonale sormontata da cuspide acuta a otto lati.
Questo sviluppo in altezza della struttura caratterizza anche le terminazioni delle tre absidi che concludono i bracci della croce greca, anch’esse sormontate da logge analoghe. L’apoteosi dell’architettura è definita dalla cupola a sedici lati sormontata da una cuspide molto acuta, sempre a sedici spicchi che assumono la forma sintetica di un cilindro ed un cono.
Sembra che il principio di questo stretto rapporto fra la terra dove si pianta l’architettura di pietra, ed il cielo dove l’architettura si fonde con la volta del firmamento, caratterizzi l’architettura sacra armena, in continuità con i principi arcaici che probabilmente, ad interpretazione di eventi fisici, hanno fatto erigere le strutture dal significato metafisico rappresentati dai “Vishap”: simboli in cui si racchiudeva lo stretto rapporto fra la terra e il cielo.

Questo principio, che è fondamento della struttura antropologica dell’architettura armena, e questa necessità di usare l’architettura per stabilire questo atavico rapporto fra la terra e il cielo si riscontra, inaspettatamente, ancora nell’architettura armena del XX secolo, alla quale ha contribuito alla creazione dell’identità architettonica della Repubblica Sovietica di Armenia l’architetto Aleksandr Tamanian. Ma in questo caso, per l’aderenza ai caratteri della struttura antropologica dell’architettura armena vorrei citare due progetti della seconda metà del secolo. La Summer Hall of Moscow Cinema di Erevan progettata e realizzata nel 1966 dall’architetto Spartak Kntekhtsyan, di cui sono stati celebrati 100 anni dalla nascita il 30 dicembre 2024, con Telman Gevorkyan, e la Stazione della Metropolitana di Yeritasardakan, sempre in Erevan, progettata nel 1978 dall’architetto Stepan Kyurkchyan e completata nel 1981. Nonostante che questa sia una struttura architettonica la cui fruibilità è completamente ipogea si apre al cielo con uno splendido lucernario che chiude una struttura cilindrica inclinata, infitta nella terra in completa analogia con i numerosi “Vishap” piegati dal tempo, presenti nel territorio. Ogni architettura, per essere definita tale, non può prescindere dai suoi archetipi.

16 Comments

  • Haigo khatcherian ha detto:

    Mr. Stefano Martinelli, we are so happy to read again your ideas about Armenian architecture from the viewpoint of a famous Italian architect. What you have written is simply sensational. Please write more…

  • Sheila Abdalian ha detto:

    Extraordinary….you have outdone yourself Stefano. Each time I read your articles I think it’s the best. However, you keep surprising us with how much more lies hidden within you. Your scope of penetrating into the secrets of architecture and revealing what’s not seen with the average person is beyond grasp. You are such an inexplicable phenomena. Thank you for all ur hardship and efforts. Awaiting for new blogs to follow.

    • Stefano Martinelli ha detto:

      I can’t thank you enough, your wise considerations and your enthusiasm make me really proud of the work we are doing. Thank you so much for the important contribution you give to the blog.

  • Marco ha detto:

    Very interesting indeed. An open window on an enclave, an “Historical Region”, where cultural, spiritual, technical aspects merge in the creation of a great Architecture. An architectural culture that sees in Spartak Kntekhtsyan and in his beautiful project for the Summer Hall of Moscow Cinema, e la Yeritasardakan metro station, a great example for contemporaneity.

  • Yasmine Lord ha detto:

    An inspiring, informative read! My first step in gaining a true understanding of how history, culture, and architecture merge and the importance of their unique union to each other. Thank you, Mr Martinelli, for bringing this to life for me in such an exceptionally articulated execution.

  • Aghasi ha detto:

    Bravo Stefano!
    Thank you for your analysis.
    Sometimes I am amazed by the fact that the depth of analysis of an architect from Italy and understanding of the issue is higher than the level of understanding of most local specialists who live next to all this magnificence and perceive it not at the level it deserves!
    But on the other hand, I am very glad for your knowledge of my culture!
    Thank you again for the wonderful article!

    • Stefano Martinelli ha detto:

      Thank you for your appreciation. To analyze reality you have to look at it from the outside with the necessary means. This is how Masaccio’s realism and Brunelleschi’s perspective were born in art. I hope we stay in touch here also with respect to different themes related to architecture.

  • Aghasi ha detto:

    I would like to address Marco – thank you for mentioning the project of the summer cinema hall.
    This is very important to us, because we are trying to restore it.
    Thank you

  • Vahram Aghajanyan ha detto:

    This is a very informative article, thank you for it. We will be glad to read your other publications on this topic.

    Mr. Martinelli, I would like to know your opinion about the Armenian architect of Charlemagne, the so–called father of Europe, Odo Metzel. I’m sure you’ve heard of him. European sources call him “the brilliant master Odo” (“Excellent master Ed”). Charlemagne even entrusted him with the construction of the Aachen Cathedral and the Carolingian Oratory of Germain. It is believed that the Armenian master widely used elements of Armenian temple architecture in the construction of the European cathedral. Does this correspond to reality and what have you heard about this architect? I would sincerely appreciate it if you would clarify this issue.

    Vahram Aghajanyan
    Yerevan, Armenia

    • Stefano Martinelli ha detto:

      Thank you very much for your appreciation and for following this blog, your contribution is important.
      Regarding the in-depth analysis you asked me, about Odo of Metz, I think it is interesting to address it and we will certainly do so later.
      Thank you very much

    • Stefano Martinelli ha detto:

      Mr. Aghajanyan, I’m not a historian or even an architectural historian, I’m an architect who designs architecture and plans territory using archetypes to solve the complex problems of the relational structures with which I find myself working on a daily basis.
      Perhaps I don’t have the authority to define the origins of Odo of Metz who is the first architect working north of Italy for whom we have evidences, and almost nothing about the origins. Even the story of the inscription of the block of stone found during the restoration of the Palatine Chapel in Aachen on the 1960s, in which he was defined as coming from the area of Mount Ararat, is not documentated.
      However, by studying the Palatine Chapel of Aachen in greater depth, one can rightly think that its archetype is not referable to San Vitale of Ravenna, even if the perceveible form is similar and inspirating, but more properly to the Cathedral of Echmiadzin. Just as his other minor work, the Oratory of Germigny-des-Prés, can be referred to this first Christian Church.
      In my opinion he knew the Echmiadzin Cathedral very well in a period where it was certainly not easy to travel. Then the philological conclusions on the origin of Odo of Metz are not up to me.

  • Vahram Aghajanyan ha detto:

    “ARMENIAN ARCHITECT OF CHARLEMAGNE, “FATHER OF EUROPE” – ODO METZEL” (742-814)

    We present to your attention a note by the Georgian historian Becky Chichinadze about the great Armenian architect Charlemagne, nicknamed the “Father of Europe” – Odo Metzel
    “The most beautiful and impressive example of relations between Europe and the Caucasus in the Middle Ages is the Armenian architect Charlemagne, called the father of Europe, Odo Metzel (742-814), (ger. Odo von Metz, fr. Eudes de Metz), as European sources call the “brilliant master Odo” (“Excellent Master Ed”).
    Odo Charlemagne even entrusted him with the construction of the Aachen Cathedral, the photographs show Odo’s buildings – the Carolingian Germain Oratory and the Aachen Cathedral.
    The genius master made extensive use of elements of Caucasian/Armenian temple architecture (interestingly, elements of Armenian temple architecture even brought Armenian monks to Ireland).
    Odo mainly used the temple architecture of Zvartnots and Hripsime, which correspond to the cross of Bana and Mtskheti in Georgian temple architecture.
    For centuries, people living next to each other have created a common Christian culture together, our bishops were the high priests of the most prominent departments of Armenia (for example, Cyrion, Bishop of Ararat) and vice versa (Job the Armenian, Archbishop of Mtskheta), in such conditions a common Christian culture was created, even after the schism and the curse, therefore the type of temple The architecture of Bana does not actually differ from Zvartnots and thus from the Aakhen Cathedral, built by the most talented Armenian architect of Charlemagne, Odo.”

    Beka Chichinadze, Georgian historian

    https://www.facebook.com/photo?fbid=28244007061879761&set=pcb.28244010971879370

  • Vahram Aghajanyan ha detto:

    HEINRICH SCHLIEMANN. “THE ENTIRE EUROPEAN CIVILIZATION IS BASED ON THE ANCIENT ARMENIAN CIVILIZATION”

    “All European peoples believe that their civilization is based on the Greek and Roman civilization, not knowing that the entire civilization of Hellas and Rome, in turn, is based on the older Armenian civilization”. Heinrich Schlimann
    Heinrich Schlimann, German scientist, archaeologist. One of the founders of field archaeology. He became famous in Asia Minor thanks to the ancient Troy, as well as pioneer artifacts in the Peloponnese, the inventor of the Mycenaean culture.

    ***

    GERMAN SCIENTIST AUGUST SCHLEICHER: ARMENIAN IS THE MOTHER OF ALL EUROPEAN LANGUAGES

    Already in the XIX century, when the field for Indo-European studies arose, many scientists were convinced that the Armenian Highlands were the cradle of Indo-Europeans, and that the Armenian language was the “mother” of all Indo-European languages. Modern research in the fields of archaeology, linguistics, genetics and molecular biology increasingly supports this hypothesis. In the picture: this is the scheme of development and branching of Indo-European languages, introduced by the German linguist August Schleicher in 1860. Schleicher was one of many linguists who were convinced that all Indo-European languages are branches of the Proto-Armenian language.

    https://thirdforceplus.blogspot.com/2024/02/blog-post_6.html

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