In Italia nella seconda metà del secolo XIX, ma anche nel resto d’Europa e nel resto del mondo industrializzato in periodi diversi del secolo, la costruzione degli edifici per la produzione definisce l’unico vero linguaggio architettonico universale, contrapposto all’eclettismo romantico dell’architettura civile.
La prima architettura istituzionale veramente razionalista, funzionalista ed allo stesso tempo flessibile, nella storia dell’architettura “moderna”, probabilmente la sola, perché la carica ontologica che contraddistingue il funzionalismo delle avanguardie storiche e del movimento moderno della prima metà del Novecento, toglie essenzialità alla forma, autoproclamando un minimalismo che in realtà è un riduzionismo linguistico artificiale e stilisticamente determinato.
L’esigenza di flessibilità d’uso conduce alla scelta di tipologie basilicali, con grandi luci o con struttura pilastrata di campata larga, in modo da poter adeguare l’uso ai mutevoli e progressivi cambiamenti della produzione industriale. Lo spazio interno è uno spazio astratto indefinito che trova la sua risposta formale definita con l’uso funzionale delle macchine e degli impianti necessari al sistema produttivo specifico, mutevole nel tempo. Infine, la risposta razionalista è nella progettazione e nella costruzione dei manufatti architettonici, mediante l’uso dei materiali locali, la solidità e l’essenzialità della struttura portante, nonché la composizione misurata dell’architettura: nulla è lasciato al caso e nulla è superfluo, neanche quando vengono utilizzati linguaggi compositivi che valorizzano l’aspetto figurale dell’edificio.
Qui e solo qui per l’ultima volta nella storia dell’architettura si può riscontrare a pieno la triade vitruviana dell’architettura: «Haec autem ita fieri debent, ut habeatur ratio firmitatis, utilitatis, venustatis.» Ovvero «In tutte queste cose che si hanno da fare devesi avere per scopo la solidità, l’utilità, e la bellezza.»
Ed è per queste intrinseche caratteristiche che gli edifici produttivi del XIX secolo sono l’ultima forma di costruzione antropica connaturata dal principio di Inattualità dell’architettura. Architettura che pur essendo espressione sintopica e sincronica della cultura che la determina, è costruita per durare nel tempo e per trasmettere specifici valori testimoniali della stessa cultura che l’ha prodotta.
I principi di questa architettura, che ormai dobbiamo definire archeologia industriale, sono importanti per la definizione teorica di una nuova architettura concreta, reale, che possa tornare ad essere finalmente inattuale.
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