L’architettura è “L’Architettura”, la sua definizione sta nella sua stessa etimologia, la cui radice è riconducibile ai primordi della civiltà, all’origine della costruzione.
L’architettura è la prima manifestazione culturale esistenziale di una società primitiva e di una civiltà storica, poiché attraverso di essa viene espressa l’aspirazione di rappresentare la rispettiva cosmogonia di riferimento: la propria idea di mondo. Anzi, l’architettura stessa, con la sua presenza fisica costruita e con la sua pretesa di persistenza, a sua volta costituisce riferimento per la formazione di una cosmogonia nell’ambito degli stessi gruppi umani.
L’architettura è abitabile, non tanto perché è possibile entrarvi dentro o comunque è possibile fruirla fisicamente, ma in quanto consente di stabilire relazioni di appropriazione ed appartenenza con essa. L’appropriazione si stabilisce prendendo possesso di un luogo, non solo fisicamente ma anche percettivamente, utilizzando gli strumenti che permettono di orientarsi all’interno di uno spazio esistenziale antropico; l’appartenenza di contro si stabilisce essendo parte dello stesso luogo, non solo per esserci dentro ma soprattutto per riconoscersi in esso: abitare significa identificarsi con un luogo che diviene architettura. Questa identificazione coinvolge le aspirazioni antropiche, che tendono a proiettare la nostra esistenza all’infinito, ed è la ragione per cui l’architettura assume sempre carattere di persistenza e, soprattutto, d’inattualità.
L’evento
L’Architettura è quel palo, è quella stele, è quel cippo, è quel mucchio di pietre, è quel santuario realizzato per celebrare una manifestazione della natura non conoscibile favorevole o per scongiurarne una negativa.
Un Evento che si manifesta in un ambito dove l’esistenza si lascia trascinare dal fluire ciclico e sempre uguale del giorno e della notte, delle lune, delle stagioni; dal sopraggiungere del sonno, della fame e del sesso da soddisfare. Un’esistenza immersa nel divenire fluido, assorbita dal soddisfacimento delle necessità per la sussistenza e la sopravvivenza dell’individuo e del gruppo famigliare.
L’Evento ferma il divenire. In un gruppo umano che vive costantemente sotto il cielo, ed ha il cielo come riferimento per la propria spiritualità elementare, la posizione del sole, della luna, dei pianeti, delle stelle, sono le cose che appaiono immediatamente alle pulsioni dell’inconscio, ancora prima di provare la sensazione di caldo o freddo.
Il luogo viene santificato con una forma costruita, la quale non ha nulla a che vedere con la capanna o con la grotta dove, eventualmente, si svolge il divenire e dove progredisce l’esistenza per la sussistenza materiale.
Quella forma sta lì a rappresentare un evento inspiegabile; attorno ad essa si raccolgono uomini che cercano una spiegazione a quell’evento; attorno ad essa si costituisce la società.
Si cominciano a contare i giorni che trascorrono finché non si materializza lo stesso cielo nel quale si è formato l’evento, per tornare a raccogliersi attorno allo stesso luogo, a sacralizzare la propria esistenza rinnovando gli auspici, dove ci si aspetta di trovare la stessa forma costruita. Si cominciano a contare i cieli e le stagioni, gli anni, che separano da quell’evento, la cui sacralità è
Si affina la propria cosmogonia, si migliora in modo da migliorare la propria esistenza, si pensa alla sopravvivenza della società nel tempo. Questa è l’architettura, a questo serve l’architettura.
Si spezza il cerchio del divenire sempre uguale a sé stesso e si crea una condizione in cui si può definire il prima e il dopo, in cui il dopo deve essere migliore del prima, si sviluppa così anche un’idea di progresso.
La manifestazione di un evento riguarda sempre e comunque il rapporto fra la terra ed il cielo, non a caso gli eventi che impressionano di più da sempre gli esseri umani sono i terremoti e le alluvioni che interferiscono e distruggono qualsiasi forma antropica costruita.
I Vishap, megaliti di altezza compresa fra i 3 e i 5 metri, dotati di una struttura iconografica zoomorfa molto dettagliata eretti nell’altopiano armeno fra il Monte Aragats e il Monte Ararat, che materializzano ritualmente l’evento stesso, probabilmente sono la prima manifestazione antropica riconducibile all’origine dell’architettura. Ci sono tre tipi di Vishap: Vishap vellus, sui quali è scolpito in modo dettagliato un vello caprino; Vishap piscis, che rappresentano pesci di acqua dolce infitti a terra per la coda; Vishap hybrida, dove sono rappresentate entrambe le iconografie spesso associate con immagini antropomorfe, con serpenti e volatili. Questa non è la sede per dare un contributo agli studi sull’iconografia, il simbolismo e gli aspetti scientifici direttamente connessi con questa manifestazione antropica, che stanno portando avanti studiosi come Alessandra Gilibert, Arsen Bobokhyan e Pavol Hnila, a noi interessa il ruolo che hanno questi elementi archetipici per la fondazione dell’architettura.
Da questo punto di vista è importante comprendere la datazione del fenomeno che per ora non si può precisare. Molte delle informazioni al riguardo sono riscontrabili sul sito archeologico di Karmir Sar, sul versante meridionale del Monte Aragats, dove sono stati rinvenuti dodici vishap in situ, a una quota di 2850 m s.l.m. Recentemente un frammento vishap ancora in situ è stato rinvenuto circondato da un monticolo d’ossa animali calcinate datate al C14 con alta precisione (95,4%) al periodo 4240-4040 a.C. Naturalmente questo non esclude datazioni più antiche, soprattutto se teniamo conto della simbologia biblica connessa con questo particolare sito e con la fine dell’ultima glaciazione. Infatti, sempre nel contesto di quest’area, in Anatolia sud-orientale, nell’attuale, con gli scavi archeologici effettuati a partire dal 1995, è stata rinvenuta una vera e propria struttura architettonica, un luogo trasformato dall’uomo in un periodo compreso fra il X millennio AC e l’VIII millennio AC: attualmente è l’architettura più antica ritrovata sulla terra. Non abbiamo ancora prove scientifiche al riguardo, ma se confrontiamo i Vishap con gli elementi riscontrati a Göbekli Tepe, esiste una deterministica consequenzialità fra le caratteristiche basiche dei primi e la relativa complessità strutturale di quest’ultima.
Comunque è importante ricordare che siamo agli inizi del Mesolitico. Prima di entrare nel Neolitico gli uomini, raccolti nella società elementare che ivi era costituita, dovevano assoggettarsi allo stesso cielo per duemila volte e probabilmente avranno segnato duemila tacchette su qualche stele in pietra. Ancora non esisteva l’agricoltura, non esisteva la scrittura e non esisteva una tecnologia come la ruota: esisteva l’architettura.
La forma percepibile
L’Architettura è la forma percepibile con i sensi e persistente nel tempo dell’Evento, rappresentando anche la sua sacralizzazione. Il linguaggio che ne deriva si pone in diretto rapporto con la comunicazione nel tempo e in questo senso viene a caratterizzare il luogo specifico.
A questo livello avviene un passaggio da fenomeno rituale a fenomeno culturale più ampio, autonomo e autosufficiente. I presupposti su cui si materializza il fenomeno architettura sono originatori di altri ambiti culturali di comunicazione e di riflessione che si sviluppano in seguito nella coscienza collettiva degli uomini: la filosofia, la letteratura, l’arte, la logica, che poi diventano anche parte integrante del fenomeno architettonico, pur essendo di formazione successiva e consequenziale ad esso.
Quindi l’Architettura non è una branca del sapere, è una forma di sapere che va oltre il fatto tecnico necessario a costruire, che si estrinseca in una forma visibile e comunicabile, direttamente percepibile dall’individuo, ma che deriva da ragioni esistenziali che vanno oltre la percepibilità diretta della realtà. Ragioni esistenziali che appartengono organicamente alla cultura storica che produce, sviluppa e sedimenta questa particolare forma percepibile, in modo tale da costituire un luogo specifico, rispetto al quale l’architetto può dare un contributo ma da cui non può prescindere.
Indipendentemente dalla forma percepibile che viene ad avere quella specifica architettura, è difficile che questa possa avere pretesa di persistenza o anche essere solo temporaneamente accettata, senza che nella sua forma siano prese in considerazione quelle ragioni esistenziali della specifica cultura, che il luogo in cui va ad inserirsi ha prodotto.
Ragioni esistenziali che sono alla base dell’espressione culturale di un contesto specifico e che danno un significato profondo al sistema di orientazione all’interno del luogo costruito.
Gli ambiti, sistemi areali, che aggregandosi danno origine al luogo costruito; gli assi, sistemi lineari, che ne consentono la fruizione fisica e visiva e ne definiscono il sistema di relazione; infine le emergenze, sistemi puntiformi, che divengono riferimento e polarità aggreganti sia fisiche che ideali. Tutti elementi astratti che divengono reali ed assumono forma percepibile per mezzo delle caratteristiche dello spazio esistenziale riscontrabile all’interno dello specifico contesto culturale.
La forma percepibile dell’evento, sacro o profano che sia, è sempre l’architettura, che non ha solo una valenza formale ma si basa su presupposti profondi, spirituali e materiali, definiti all’interno dello spazio esistenziale della specifica cultura.
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