Ostello di Noto, recupero Ex Carcere Reale
Noto, Siracusa, Italia - 1998-2000
L'opera architettonica, sia che si riferisca ad un luogo privo di identificazione culturale sia che si riferisca ad un luogo ad alta caratterizzazione in termini culturali, non può prescindere dal rapporto con il tempo, inteso come categoria antropica del divenire ma anche come ambito del realizzarsi dell'esistenza. Contrariamente al divenire o contenitore del divenire, in tutte le culture storiche fino alla civiltà industriale, è chiaro che esso era come identificazione l'”archè” del divenire, dove spazio e tempo non erano separati in entità indipendenti. Di conseguenza, l'architettura dal punto di vista antropologico si presenta come la rappresentazione spaziale, manifestata attraverso i luoghi geometrici, i riflessi e le attese del tempo, come luogo del ricordo e della memoria. Il ricordo e la memoria, dunque, sono facilmente individuabili come categorie antropologiche direttamente connesse alla necessità di orientamento nel tempo, ma anche nello spazio: la percezione e l'uso dello spazio, quindi la possibilità di abitare, stabilendo proprietà e appartenenza al luogo, hanno luogo esclusivamente attraverso operazioni connesse con l'esperienza di vita e quindi con il ricordo, sia nel suo significato intimo sia nel suo senso collettivo. I mutevoli paesaggi, per adattarsi alle mutevoli esigenze dell'esistenza, sono sempre connessi con l'esperienza del ricordo, ponendosi in relazione alla continuità o in contrasto con l'esistente, senza però potersi escludere da esso. Tutti i luoghi di esistenza sono soggetti a tali modifiche. Solo i luoghi memorabili, i monumenti, sono avulsi da quella legge, hanno in sé implicita, nell'atto della loro creazione, la volontà di rappresentazione profusa da parte di una particolare cultura storica. In questo senso c'è una marcata differenza tra i monumenti ei luoghi dell'esistenza storica e culturale. Con la ristrutturazione dell'ex carcere mandamentale di Noto ad uso di Ostello, è sembrato logico e naturale agire nel modo di conservare la memoria e la cronaca storica degli eventi, piuttosto che enfatizzare la memoria fine a se stessa considerando il nostro manufatto 'solo' come monumento, perché quest'ultimo approccio, poiché comporterebbe un elemento di successivo recupero del tempo, apparentemente non implicito nell'atto di incorporazione o di successiva modifica dello stesso, semplicemente per avere a che fare con un documento storico, l'azione avrebbe stato spostato alla sfera dell'archeologia dall'architettura.